LIMES di Marco Bellomi | 07.05.2017

LIMES

di MARCO BELLOMI

a cura di Sonia Patrizia Catena

Inaugurazione Domenica 7 Maggio 2017 ore 18

Spazio 2

La mostra sarà aperta fino al 26 maggio 2017 il giovedi, venerdì e sabato dalle 17 alle 19

Lettura critica di Sonia Patrizia Catena

 

Siamo definiti dalle linee che decidiamo di attraversare o di accettare come confini.

Antonia Susan Byatt

Limes, limites, limite. Corrono sentieri corvini lungo campi argentati e dalle tonalità chiare. Linee di confine tra difesa e attacco si dispongono come in una cartografia geopolitica nell’opera di Marco Bellomi. Una linea dinnanzi a noi, come una punteggiatura, determina il ritmo e l’intonazione dello spazio visivo e della composizione tonale di questi moduli pittorici. Una palette di colori lunari, sabbiosi che rimandano ad una certa opacità visiva, nuance ghiacciate, terre bruciate in cui i colori neutri concedono un dialogo interiore calmo e riflessivo, non urlato e stridente.

Piccoli campi tonali ed esili linee dall’accento imbrunito si stratificano come veline e fini membrane su basi pittoriche. Elementi geometrici si isolano aspirando a creare immagini immateriali e metafisiche in cui dominano aree cromatiche vaporizzate o a tutto campo. In alcune opere il colore cerca di affermarsi e di conquistare qualcosa in più, di spingersi oltre l’orizzonte per non rimanere imbrigliato in architetture spaziali definite. Allorché la pittura erompe dalla sua area urta contro qualcosa, quel limite imposto dal mondo della materia e della realtà che gli procura uno spasmo, obbligandola a riprendere la sua posizione, il suo confine. Soglie, limiti e, ancora, territori che vogliono essere attraversati, superati al fine di indurre un cambiamento, una rottura con il passato.

Geometrie evocative, aree di colore che attivano spazi e in cui la cromia emotivo- esistenziale invita all’intima meditazione. In Bellomi la pittura è silenziosa, deve essere contemplata come un’icona religiosa che unisce, lega a sé. Una dimensione spaziale e atemporale, un campo colorato in cui immergersi con il pensiero, in cui valutiamo il nostro essere, mediante emozioni che non sono figurative e illustrate. Ogni elemento concorre a creare un impatto emotivo soggettivo, metafisico e irreale. Una spinta verso l’invisibile, con un rifiuto dell’oggetto e della sua immagine reale per andare al di là del suo orizzonte ontico. Bellomi dipinge aree, alla stregua di uno scrittore che scrive i suoi romanzi, qui la narrazione si fa di suggestioni, tappeto musicale astratto in cui ritrovare se stessi e il proprio spazio.

Una pittura riflessiva, in cui la massima razionalizzazione della grammatica geometrica fa emergere, per contrasto, l’irrazionale e l’emotività soggettiva che porta a sconfinare, ad andare oltre. E il pubblico entra nel quadro, proprio perché l’immagine non è ben definita, quasi si sfoca dinnanzi a noi, nonostante quei limiti, quei territori così marcati e segnati. L’opera diventa Figura nella nostra mente, si dà a noi nella sensazione, costruisce un ritmo come nella musica. Diastole – sistole, espansioni e contrazioni, atmosfere sospese in cui Bellomi struttura una composizione musicale, mette in sinfonia il linguaggio astratto della pittura: il ritmo organizza il tempo della composizione, al suo interno campiture e segni segmentano la superficie, laddove l’armonia tonale dei colori satura lo spazio, valica i confini e penetra in noi.

Rispondi